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VOI SIETE DIVERSI (Adele e Spank sola andata)



Adele, 5 luglio

Ore 6:30 del mattino.

Esattamente ventidue minuti fa ha squillato il cellulare.

Mi sono seduta di scatto rimbalzando sul materassino e Spank è schizzato in aria come se gli avessero fatto scoppiare un petardo sotto il culo.

A quest’ora può essere solo Giulio o mia madre ho pensato.

In una frazione di secondo ho scartato mia madre e mi sono convinta che fosse Giulio.

Il cuore mi ha chiuso la gola e la saliva è sparita dalla bocca nel tempo di mezzo respiro.

Ho afferrato il telefono.

Era Paola.


Gesù.


Paola alle sei di mattina può voler dire soltanto una cosa: che ha litigato con Marco, che Marco non è tornato a dormire, e che lei, passato lo scazzo, vuole sapere se per caso è da te.

Non ho risposto.

Ho premuto il pulsante che toglie la suoneria e sono uscita dalla tenda. Nel silenzio interrotto soltanto dagli uccelli e dalle mie ciabatte che scricchiolavano sul nylon mi sono preparata un caffè.

Spank mi trotterellava intorno, forse interrogandosi anche lui su quale piega avrebbe preso la giornata.

Mi sono rollata una canna.

Trangugiato il caffè ho preso il diario e una penna e mi sono buttata sull’amaca.

E Spank sotto.


E pensare che all’inizio non avevo dubbi.

Mi dicevo voi siete diversi.

Voi non sarete mai come Marco e Paola, che non si separano perché è solo un brutto momento e intanto lui ti chiama alle tre di notte per chiederti se può piazzarsi sul divano giusto per un paio di giorni, giuro, e lei ti tiene tutto il pomeriggio dopo incollata al telefono, a ripetere le stesse cose del mese prima, e di quello prima ancora.

Voi non finirete come quelle coppie annoiate, il silenzio al tavolo del ristorante, la scopata programmata la domenica mattina, le serate sul divano a guardare Real Time.


No.


Tu non chiamerai le tue amiche per lamentarti come una donna in processione mentre lui è di là a sbavare sul cuscino. Non sistemerai da sola i bicchieri della sera prima e non sarai tu a buttare i suoi calzini nel cesto dei panni sporchi.

Gli sguardi distratti, i baci senza lingua, l’aria tesa davanti agli amici quando vi chiedono come state, che fate di nuovo. Voi non le proverete mai queste cose qui.


È impossibile.


E invece una sera varchi la porta di casa e ti scordi un bacio.

Un’altra guardi il telefonino sul tavolo del ristorante, che un anno fa non ti sognavi neanche di tenerlo in tasca con la vibrazione.

T’imbamboli quell’attimo di più sul culo della cameriera.

Aspetti l’intervallo del film per baciarti.

Non vedi una candela sul tavolo.

Ti dimentichi di rispondere a un messaggio.

Smetti di annusare il collo.

Compri un regalo all’ultimo minuto.

Sbuffi.

Dici il lavoro è lavoro in un giorno speciale.

Rimandi l’amore in un vicolo.

«C’è troppo via vai Adele…»


Ma come c’è troppo via vai.


L’avete fatto in piazza del Mercato e con le finestre accese sopra l’Anfiteatro.

Dietro la madia anni ’80 del reparto usato di Rud Mobili&Mobili un lunedì pomeriggio che non c’era quasi nessuno, lui a setacciare l’ultimo gradino delle scale e le casse che frusciavano Radio Maria.

L’avete fatto sulla spiaggia di Cala Violina nascosti sotto l’asciugamano con quella famiglia laggiù in fondo che non voleva proprio andare via, vi strusciavate da un’ora e poi basta, chissenefrega, e il padre a controllare che i bambini non vedessero.

Nel parcheggio davanti all’Irish pub che non era neanche mezzanotte.

In una piazzola a bordo strada della Firenze mare.

Dietro la colonna di Villa Giulia l’ultimo dell’anno con l’odore del buffet che vi arrivava in faccia, il freddo.

I muri i portoni le siepi delle sagre, gli altri che vi aspettavano per il caffè. Avete scopato nei cessi dei locali con la gente che bussa, gli sghignazzi quando uscite. Lui che apre la porta per primo, rosso, felice, ti stringe la mano. Tu dietro appiccicata come una Vivident, il trucco andato, gli occhi belli, i capelli tutt’uno con la fronte.


E ora ti dice che c’è troppo via vai.


Così capisci che non siete diversi.

E infatti vi ritrovate a uscire con Marco e Paola, proprio loro.


Perché non ci sono domande scomode, risposte farfugliate, occhi a terra.

Non si chiede quando vi sposate o c’avete mai pensato a fare un figlio e non si cambia discorso.

Non esistono orari tassativi di cene e poppate, strilli imbarazzanti al ristorante, tate da chiamare prima di dire ok veniamo al cinema.


La sera ognuno torna a casa sua, coi suoi silenzi, i suoi fantasmi, e i suoi sbagli del cazzo.



Da "Adele e Spank sola andata". In tutte le librerie fisiche e digitali.
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