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TUTTA COLPA DI CLARISSA

Immagine del redattore: Valentina De LucaValentina De Luca

«Perché non andiamo anche noi a fare un giro in bici?»

Clarissa la guardò strana.

«Noi non abbiamo una bici», le ricordò.


Già. Era vero. Loro non avevano una bici.


Tornò a guardare fuori dalla finestra.

Le gemelle Baldi giocavano a pallavolo insieme alle due cugine arrivate per le vacanze, mentre Annalisa trottava su e giù col suo nuovo monopattino.

«E se andassimo a pattinare ai giardinetti?» propose voltandosi verso la sua amica con un guizzo negli occhi.

«Ma... non abbiamo nemmeno i pattini...» rispose lei allargando le braccia.

Matilde sbuffò e le dette di nuovo le spalle. Si mise a contemplare l'orizzonte oltre il cemento dei tre blocchi del condominio che aveva davanti, in silenzio.

Era una giornata bellissima. Una di quelle giornate in cui le sarebbe piaciuto un sacco andare al mare a nuotare: ma lei e Clarissa non nuotavano mai.

«E... e se andassimo a fare una corsa sulla spiaggia? Solo... una corsa. Senza entrare in acqua. Nemmeno con un piede».

Stavolta lo disse senza distogliere lo sguardo da quell'unico solitario batuffolo che spennellava il cielo di bianco all'altezza dell'edificio B.

«Una corsa no. Magari una passeggiata...»

Matilde strizzò gli occhi e si sforzò di non piangere.

Ce la fece, ma non andava sempre così.

A volte il pensiero di non poter fare quello che facevano tutte le altre bambine le faceva così male che sprofondava nel letto, batteva i pugni sul cuscino e urlava:

«È tutta colpa di Clarissa!»


Dopo però si sentiva cattiva.

Clarissa era la sua migliore amica.

Anzi, Clarissa era la sola amica che aveva.

L'unica che le raccontava i suoi segreti, che giocava con lei, che la invitava al suo compleanno e che la mattina di Natale le telefonava per sapere quali regali aveva trovato sotto l'albero.

Non sarebbe stato giusto abbandonarla soltanto perché aveva le gambe mozzate e non poteva correre, o nuotare, o andare sui pattini.

No, sarebbe stata una cosa bruttissima.

Perché Clarissa non la abbandonava mai, nemmeno quando era così triste da starsene senza parlare tutto il giorno.


Matilde prese un libro.

Aveva da poco cominciato Il richiamo della foresta e le piaceva da matti. E pensò che in fondo non importava se fuori il sole splendeva: potevano chiudere la finestra, schizzare i vetri con un po' d'acqua, e fingere che piovesse.

«Guarda come piove, Clarissa! - esclamò abbracciando la sua amica - non ti sembra una bellissima giornata per leggere?»


Mentre Clarissa spalancava il suo bel sorriso Matilde sentì aprire la porta, e sua madre si affacciò per dirle che era pronta la merenda.

«E poi Mati, non sei un po' grande per giocare ancora con questa bambola?», aggiunse.


Matilde non rispose.

Girò la sedia a rotelle, e la seguì.

 
 
 

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