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IL PRIMO BACIO



Giuseppe mi era sempre piaciuto. Ma, quell'anno, era come se fossi impazzita. Ogni volta che lo incontravo succedevano cose che non avevo mai provato nelle estati precedenti. Cose stranissime e inspiegabili.

Sudavo.

Mi tremavano le gambe.

Sentivo le mie gote prendere fuoco come un ciocco nel caminetto.

Il respiro si faceva corto e non riuscivo più a biascicare una parola, tanto che ormai lo salutavo solo con la mano.

Dopo ogni incontro passavo ore sulla spiaggia, vicino alla Torre, a sospirare pensando ai suoi capelli gialli come tutti quei campi di girasoli che costeggiavano la Geodetica.

Così quel pomeriggio d'agosto, quando me lo ritrovai davanti, vicino come non era mai stato, che mi spingeva contro il muretto del bagno dei maschi e mi diceva «Sei bellissima», per un paio di minuti pensai che non ci potevo credere: perché se ci credevo, se era tutto vero e reale, ecco, allora forse sarei morta di felicità.

E io non volevo morire.

No.

Io non volevo smettere di avere sedici anni e nemmeno di trovarmi lì, tra la spazzatura e i cessi, con quel sogno di una vita chiamato Giuseppe Salani che adesso mi spostava i capelli e avvicinava il suo viso al mio.


Fu strano.

A dire il vero non me li immaginavo così, i baci con la lingua.

Perché quello che sentii fu solo un corpo estraneo e grosso, tipo una salsiccia, che mi entrava in bocca e si muoveva in cerchio, e della saliva che mi colava giù sul mento.

Durò pochissimo, il tempo di chiudere gli occhi e riaprirli tre secondi dopo.

Ma non m'importava.

E non m'importava se non mi era piaciuto, se era stata come un'invasione di campo, una lumaca che s'insinua tra le foglie d'insalata già pulite: cosa volevo capirne io, di cose belle?

Dio, Dio, Dio com'ero felice!

Adesso volevo solo abbracciare il mio Giuseppe, ma lui era già schizzato dall'altra parte del vialetto.

Cinque ragazzi spuntarono dai cespugli e gli corsero addosso, ricoprendolo di pacche sulle spalle.

«Hai vinto la scommessa, bastardo! - gli urlarono - Hai slinguato la più brutta del campeggio!»

Uno di loro sputò in terra.

Un altro mi guardò e ruttò.

Feci in tempo a sentire la parola cessa. E poi in un attimo tutti, ridendo, scomparvero tra i pini.






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