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LETTERA A GUCCINI

Aggiornamento: 20 mar 2022


Lucca, 13 marzo 2022

otto ore alla partenza per Pavana


Caro Francesco,


è notte fonda, e ti scrivo queste righe perché so già che, nell'improbabile caso in cui ti vedessi affacciarti alla porta - m'accontenterei anche di una finestra -, tutte le parole che in tanti anni ho sperato, immaginato, sognato di dirti mi morirebbero nella gola.


E allora ecco che mando avanti la penna, quella voce che non mi tradisce mai, e che ancora una volta, nel cuore di una notte come tante e come nessun'altra, col suo semplice, magico poggiarsi sul foglio mi toglie il fumo dagli occhi, e mi fa capire che di tutte quelle parole che ho sperato, immaginato, sognato di dirti, in realtà ne basta soltanto una: grazie.


Grazie Francesco perché ho quarant'anni, e ti ascolto da quando ne avevo quindici, e all'inizio non capivo quasi niente ma col tempo, quel tempo che hai cantato tante volte, tutto è diventato chiaro.


Grazie per tutte le volte che hai accompagnato i miei viaggi, per avermi regalato la gioia di correre in autostrada senza sapere dove andavo, abbassare i finestrini delle mie auto scassate, cantare a squarciagola, e pensare che qualsiasi cosa mi fosse accaduta sarei stata salva, perché avevo la musica.


Grazie Francesco per tutte le infinite volte in cui mi sono sentita sola, persa, e diversa, e poi, ascoltandoti, mi sono detta: «No, non è vero, senti? Siete già in due».


Grazie per tutte le volte che ti ho cantato ubriaca, ballato nuda, pianto.


Grazie per avermi fatto urlare, pensare capire ricordare vibrare sognare interrogare, rispondere.


So che queste mie parole, ammesso che tu decida di leggerle, si scioglieranno tra i milioni di miliardi di parole che nella vita ti hanno scritto, detto e dedicato. Però, queste sono le mie, e affollavano talmente il mio cuore, lo imbottivano così tanto che alla fine uno degli argini ha ceduto.


Ed eccomi qui, alle tre di notte, a dire al mio cane di quindici anni «Domani andiamo a vedere se Guccini ci apre la porta e gli portiamo una delle cose più preziose che abbiamo: la prima copia del nostro primo volume pubblicato».


So che preferiresti del buon vino - e come darti torto - ma domani è domenica: vedo cosa posso fare.


Nel frattempo, mi aggrappo al sogno che tra tutti quei milioni di miliardi di parole che ti hanno scritto detto e dedicato, arrivino anche le mie, a conquistare un centimetro quadrato del tuo cuore.


Perché per quanto sconosciuta, insignificante, ordinaria io possa essere per te - e lo capisco - rimango un'anima che hai saputo toccare, amare, e salvare, con le tue canzoni.


Rimango un miracolo, quello che è in grado di generare l'Arte.


Rimango la prova che quello che hai saputo fare è straordinario.


Grazie Maestro, perché ogni volta che penso a te mi ricordo che bisognava, e bisogna, e bisognerà sempre, volare.


Valentina




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