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IO SONO COME L'EDERA

Aggiornamento: 17 feb 2022


Cos'è reale, e cosa esiste soltanto perché è la mia mente che lo fa accadere?

E perché non riesco a vivere senza strabordare?

Strabordare = Uscire dai bordi, dai confini. Andare oltre i valichi del valicabile.

Là dove gli altri si fermano, io voglio proseguire.

Là dove gli altri vedono la soddisfazione, io trovo solo noia.

Perché non posso accontentarmi della normalità?

Andare a lavorare, uscire con gli amici, sposarmi, comprarmi un bel vestito, una bella borsa, fare figli.



Dicono che sono malata.

Io lo sapevo già che avevo qualcosa di strano, ma adesso hanno dato un nome a quello strano.

Mi chiamano BIPOLARE.

Un tempo mi avrebbero chiamata maniaco-depressa. Perché ho delle fasi di mania e altre di depressione.

Dicono che non vanno bene, né l'una né l'altra.

Che non devo essere né depressa né maniaca.

Io non voglio essere depressa, ma voglio essere maniaca.



È quando sono maniaca che scrivo senza interruzione. Che non esiste il sonno, né la fame, né la notte, né l'impossibilità.

Ma dicono che se divento maniaca poi succede che torno depressa, e quando sono depressa esiste solo...

Il vuoto.

Il buio.

IL NULLA.


Io non conosco la via di mezzo tra la mania e la depressione.

Dicono che esiste, e che si chiama equilibrio.

Dicono anche che è la condizione in cui vivono le persone normali, e che sono tutte felicissime di trovarsi lì, su quella linea piatta che oscilla impercettibilmente, giusto quando c'è un po' di vento.

Dicono che la mia linea invece non va affatto bene, perché schizza su e giù come un elettroencefalogramma impazzito.

Così adesso mi danno delle medicine, che poi un giorno diventeranno solo un sale minerale chiamato carbonato di litio (dicono); mi servono per raggiungere questo magico equilibrio e diventare normale.

Così non sarò più depressa e non sarò più maniaca.


E quindi davvero diventerò come tutti gli altri?

Come tutti quelli che mi circondano qui, stasera?

E sarò felice di andare a lavorare, uscire con gli amici, sposarmi, comprarmi un bel vestito, una bella borsa, fare figli?

È questo che voglio?


Io sento di più.

L'ho sempre saputo, anche quando non avevo bisogno di un'etichetta, di essere catalogata.

Sentire di più non significa essere più intelligenti o più ganzi degli altri.

Si può sentire di più anche essendo più stronzi di una buona fetta della popolazione mondiale.

Sentire di più non è altro che una caratteristica, una peculiarità, un attributo, un aspetto della personalità, insomma chiamatelo come cazzo vi pare ma toglietevi dalla testa che voglia dire meglio o peggio.

Vuol dire che sei sensibile a qualsiasi minchiata possibile e immaginabile, tipo una mela che cade dall'albero troppo presto.

Sei mezza stordita, insomma.


Sentire di più è un qualcosa che toglie e che dà, perché quando soffri piombi nella depressione, ma quando godi schizzi nella mania.

Ti senti Dio.

Sei, Dio.

E io è quando sono Dio che creo.

Vivo.

Esisto.

E mi ricordo che ho un dannato, maledetto, fottutissimo scopo nella vita che va oltre.

Va oltre l'andare a lavorare, uscire con gli amici, sposarmi, comprarmi un bel vestito, una bella borsa, fare figli.

Va oltre quella che è la felicità per le persone normali.

Ma non è la mia.


Io devo strabordare.

Sono come l'edera, che scende giù da quell'unica finestra aperta affacciata su Via Michele Rosi.

Secca, consumata, quasi morta, eppure si stende e si allunga e si propaga con tutte le sue forze giù per quel terrazzo.

Forse ci sarà la morte dopo, o forse rinascerà di nuova vita.

Ma intanto è lì.

Dove nessuno è.

Dove nessuno, a parte lei, ha il coraggio di esistere.

E non importa quanto è maledettamente sofferente in questo momento.

Importa che è lassù.

Fuori da un terrazzo, a guardare dove nessuno osa.


Una luce si è accesa (solo un attimo) e poi è tornato il buio.

L'edera è rimasta sola.

Questo è il suo destino, il suo cappio, la sua libertà.

Ci vuole un grande coraggio per riconoscere di essere soli e ciononostante buttarsi fuori da un terrazzo a dare uno sguardo sul mondo, mentre tutti se ne stanno dentro, confortati da vere o presunte certezze.

Ci vuole coraggio per ammettere che non possiamo appassire su un muro e decidere che ci lanceremo a rischio nostro, a prezzo della vita, senza nessuno che ci aspetta sotto con la rete salva-acrobati.

Forse ci schianteremo al suolo.

O fore guarderemo per sempre quello che gli altri non vedranno mai.


E tu, da che parte del balcone ti senti?
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