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HO RUBATO UN GESSETTO


22 gennaio 2018


Lei ha appena rubato un gessetto.

Voleva chiedere se poteva prenderlo.

L'ha trovato in un bicchiere, l'ha tenuto un po' tra le mani.

Ha cercato di attirare l'attenzione prima della barista addetta ai cocktails, e poi del tipo che spillava la birra e con cui ogni tanto, quando il locale è semi vuoto, scambia due parole.

Ma nessuno l'ha calcolata, nemmeno il titolare davanti alla cassa che ha chiamato due volte per nome.


Ti senti invisibile, quando provi a dire al mondo che esisti e il mondo non se ne accorge.

Ti senti meno di un meno sulla tabellina, perché almeno quello qualcuno lo vede.

E invece a te non ti guarda nessuno, che gliene frega all'Universo se rubi un cazzo di gessetto?


Così ne ha sfilato uno dal bicchiere, quello più lungo.

Se l'è rigirato un po' tra le dita.

E alla fine ha pensato «Ok, è solo un gessetto», e se l'è infilato in una tasca della borsa.

Lo sa che ha fatto una cosa sbagliata.

Non si ruba un gessetto.

Vorrebbe ancora parlarci, col barista.

Vorrebbe dirgli «Senti, ci sono dei gessetti in questo bicchiere, ne ho preso uno, posso tenerlo?»

Ma lui continua a spillare birra e a guardare quella stupida partita.


Poi ci sono state tre parole.

Forse era appena finito il primo tempo, forse era appena cominciato il secondo, forse il tempo non c'entrava niente con la sua decisione di spostare lo sguardo dal maxischermo a un cliente e di parlargli.

Lei non ha capito niente, né l'inizio né la fine e nemmeno il cuore di quel discorso durato un paio di minuti, o forse un'ora, non lo sa.

Non lo sa perché in tutto questo ha sentito solo tre parole pronunciate dal ragazzo: «Sono onesto, io».


A quel punto non è riuscita a trattenersi.

Ha alzato la mano come a scuola, oscillando un poco per farsi spazio tra le teste che la separavano dal bancone, e ha aspettato che il tipo la notasse.

Ma quello non se la filava minimamente.

Allora le mani alzate sono diventate due e hanno cominciato a smanaccare, descrivendo una specie di ola da stadio, giusto per restare in tema.

Ed ecco che finalmente, tra un fischio dell'arbitro e un coro di protesta, gli occhi affilati del dispensatore di birra si sono poggiati sulle sue braccia, e poi sulla sua faccia, e poi lei ha fatto un balzo in avanti e si è aggrappata al ripiano di legno.

«Ciao, ci sono dei gessetti in quel bicchiere e io ho provato a chiamarvi per chiedervi se potevo prenderne uno, ma...»

«Prendi pure!», ha esclamato lui senza lasciarla finire.

«L'ho già preso - ha ammesso lei - ma volevo dirtelo.»

Il ragazzo ha sorriso.

«Hai fatto bene».

«A prenderlo?»

«A prenderlo, e a dirmelo».

«Ah. Ok. Grazie».



Mi sento molto meglio.

A volte basta quel pizzico di onestà che sembrerebbe inutile a chiunque per sentirsi utili a qualcosa.

L'anima leggera si riconosce.

Anche da un gessetto.


Grazie barista.


Forse sto cominciando a capire la differenza tra una merda e un cuore.

Il mio.

Perché non ero in grado di mettermi un gessetto in borsa senza dirlo al barista.

Sto sorridendo.

«Hai fatto bene. A prenderlo e a dirmelo».


Grazie gessetto.




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